lunedì 23 marzo 2015

L' artigiano e la crisi

C'è poco da fare: puoi essere bravo quanto vuoi, puoi aver fatto tutti i corsi di specializzazione del mondo, ma se un bel giorno ti rendi conto che i tuoi prodotti restano invenduti, mentre i debiti aumentano inesorabilmente, è ora di fermarsi a riflettere.
E pensi.
Pensi di aver perso il tocco, di non essere più all'altezza della situazione, di non fare abbastanza, e più cerchi di trovare una seria motivazione, più i conti continuano a peggiorare e lo sconforto a crescere.
Non c'è niente di più  brutto, per un artigiano, per un lavoratore in genere, di sentirsi scivolare via dalle mani le redini del proprio destino, della propria dignità, e non avere strumenti per reagire; e  non ci sono perché nessuno è in grado di fornirteli, tantomeno di spiegarti cosa sta succedendo all'economia di questo nostro bistrattato paese.
La spiegazione standard la conosciamo tutti: siamo in crisi perché siamo un paese di lavativi, di corrotti, e perché abbiamo una classe politica che non è in grado di fare le riforme, che spende risorse preziose in inutile spesa pubblica che ovviamente fa aumentare il debito pubblico sempre più, cosi l'Europa ci sgrida, i mercati si spaventano, lo spread diventa incandescente, ecc.; però la crescita è dietro l'angolo, perché ora a suon di tagli, di tasse e riforme varie, l'economia tornerà a correre e torneremo tutti ad essere competitivi, felici e contenti.
Cazzate.
Basta fare un giro per le vie di un qualsiasi borgo per rendersi conto di come stia effettivamente la situazione: saracinesche abbassate, negozi abbandonati con un ingiallito "torno subito" sulla porta, cartelli "vendesi" e "affittasi" al posto delle insegne, attività allo stremo delle forze; analoga situazione nei distretti industriali: i posti di lavoro scomparsi dalla faccia della terra non si contano più.
Io faccio il pasticcere, il mio è un mercato di nicchia dedicato a soddisfare piccoli momenti di gioia ma anche di sofferenza, (quanti si sfogano con un buon dolce...) e la mia sfida è stata quella di portare i miei prodotti, in un momento di crisi, dalla nicchia, o meglio dalla cripta dove stavamo sprofondando nel 2011, alla massa.
Cosa ci saremo mai inventati, io e i miei collaboratori, nell'estate del 2012? Ci saremo mica trasferiti in una località "corruzione-free", popolata da un antico ceppo di etruschi gran lavoratori e di serietà e onestà indiscutibili? Per niente, in un momento in cui il problema principale era che i miei prodotti erano poco domandati, vuoi per la chiusura di alcune fabbriche, vuoi per la diminuzione del potere d'acquisto, vuoi per l'indebitamento crescente delle famiglie, ho fatto la cosa più ovvia che potessi fare: ho abbassato i prezzi. Ho, nell'arco di sei mesi, applicato una svalutazione media del 30% sul mio listino, con picchi del 50%.
Noi tutti, nel fare un acquisto, siamo abituati a valutare diversi fattori, e quello economico è sicuramente uno dei più importanti. Chi, tra due opzioni di uguale qualità, sceglierebbe la più cara? Nessuno. Mentre è normale che la differenza di prezzo, al variare della qualità tra le scelte possibili, faccia propendere l' acquirente per il giusto compromesso. Cosa significa: Abbassando il prezzo di vendita, ovvero svalutando, ho dato uno stimolo alla domanda, ho cioè aumentato il potere d'acquisto dei miei potenziali clienti, che in breve tempo sono diventati clienti effettivi, ma si sa che per ottenere una vera crescita, forte e duratura nel tempo, oltre al prezzo avrei dovuto assicurare un prodotto perfetto, ed è stato possibile solo grazie alle competenze acquisite e agli investimenti che siamo stati in grado di fare in seguito. Passare da 2000 kg a 10000 kg di pasticceria mignon nell'arco di 18 mesi, e lascio immaginare l'impatto sulla vita e sulla salute, è stato possibile solamente partendo dai dei presupposti di consapevolezza corretti.
Se la mia azienda è in crisi e rischia di chiudere, il motivo è banalmente solo uno:non sto vendendo ciò che produco, non abbastanza per generare profitto; e se i miei beni non sono domandati, devo riuscire a capire il motivo: prezzi fuori mercato? prodotto obsoleto? Concorrenza internazionale facilitata da una moneta unica che crea squilibri?
Purtroppo di artigiani e piccoli imprenditori consapevoli, o in grado di fare un'analisi corretta, ce ne sono pochi, grazie soprattutto al mondo dell'informazione che riporta quotidianamente un quadro fatto di corruzione, Stato ladro e italiani buoni a nulla. La loro risposta sarà quella di affidarsi a contratti di lavoro poco onerosi, precarizzando ulteriormente i lavoratori, i quali avranno ancora meno soldi da spendere: una spirale distruttiva.
Una cosa è certa: un posto per acquistare un dolce ce l' hanno, e sarà il più buono che avranno mai mangiato, e non ho nessuna intenzione di sentirmi in colpa. Amen.

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